Un affresco, un meraviglioso affresco dell’Ultima Cena: nella cripta della Matrice Vecchia di Castelbuono
![(foto offerta dal dott. arch. Antonino Anastasi)](http://www.lavocedellisola.it/wp-content/uploads/2014/02/Immagine-147.jpg)
Noi vorremmo che fosse la più antica opera realizzata sul tema.
Vorremmo che fosse la prima in assoluto! Ma attualmente non abbiamo elementi per sostenerlo.
La datazione è incerta: c’è chi la colloca nel XIII secolo, atteso che la cripta sarebbe ben anteriore alla chiesa (XIV secolo); altri dicono che sia stata realizzata sul finire del XVI secolo, in piena inquisizione! Noi propendiamo per la datazione più antica, atteso che il suo contenuto non è affatto allineato con la predicazione corrente allora ed adesso: roba da rogo! Altri non si pronunciano. Noi osserviamo, aspettiamo, speriamo, studiamo. Certo sarebbe “esplosivo” collocarla indietro nel tempo.
Pregna di vibrante umanità e insieme di somma spiritualità l’immagine è lì “dormiente” negli attuali sotterranei, ben visibile eppure sapientemente “celata”.
Una tavola rotonda imbandita per una cena di fratellanza e di amore. Persone note e ben visibili (nessuna è camuffata, specie la donna) attorno ad essa. Non una cattedratica seduta ma una riunione per dire “arrivederci” e per impartire direttive magari poi disattese.
Eppure è ignota.
Perché troppo palesi i contenuti?
Forse è la prima opera?
Perché opera siciliana?
Per tutti i motivi assieme?
Siamo portati a pensare che all’oblio concorrano queste cause ed altre ancora. Non dimentichiamo che viviamo in un’area geografica e in un generale contesto socio-culturale dove (storicamente dimostrabile) si mitizzano personaggi e fatti elevandoli a verità dogmatiche di vita e di cultura. E così a qualche popolo mitizzato sono state “perdonate” le pratiche del genocidio e deportazione di massa; brogli elettorali sono stati definiti difesa della democrazia; il confine tra democrazia e dittatura oligarchica diventa evanescente; mercenari sono stati elevati a grandi idealisti; omicidi sono diventati perseguitati; incurabili plagi sono osannati come geni creatori.
In questo contesto a noi Siciliani, da sempre creatori ed artefici di cultura – storia – progresso e sempre derubati dai nostri ospiti, resta solo l’oblio anche per nostra colpevole negligenza: mai abbiamo scritto tutta la nostra vera storia per diffonderla tra i vivi e tramandarla ai posteri, neanche quando eravamo noi i vincitori.
Tanto per chiudere accenniamo ad altre perle dimenticate.
Per antica devozione è molto nota la Madonna Nera di Tindari. Qualcuno in giro conosce il Cristo “scuro” (u Cristu longu) di Castroreale , la città delle aquile (imperiali) e quello di Randazzo (u Signuri ‘i l’acqua)? Addirittura per quello di Randazzo si diceva e si dice che si era “scurito” a seguito di un incendio; e se fosse vero il contrario e cioè che si è tentato di schiarirlo?.
A noi proprio non disturba affatto l’ipotetico colore nero di Cristo in vita: non è il colore che Gli rende testimonianza ma il Verbo.
Guido Di Stefano